A CONSUMA

Tu che dal monte alto guardi a valle,

giovane litigiosa mai medesma,

scegli i raggi d’oro del sole tu per prima

colma d’amore dei fedeli amanti.

Di rose e bacche profumata e ricca,

desco dei commensali avidi e vogliosi

del verde mare ondeggiante e mosso,

sotto la brezza limpida e odorosa.

Dolce lo star con te in solitudine

o tra schiamazzi di bambini allegri,

che un dì ricorderanno gioventù.

Ogni stagione sorridente accogli

con l’abito da festa ricamato

di trine in fiore e fiocchi trasparenti.

Nacque da te l’amore duraturo

per chi qui scelse donna e suo futuro.

Apri le braccia accogliente porto,

schiudi le porte fiduciosa e lieta

del nuovo corso ch’ora nasce forte!

Il Presidente dell’Associazione pro Consuma
Paolo Fatarella

Il saggio faggio

saggiofaggioPer me oramai tempo e velocità non hanno più alcun valore: solo lo spazio.

P.C.

 

 

 

 

 

 

I gatti lo sapranno, Cesare Pavese

Amo moltissimo questa poesia di Pavese e mi piacerebbe condividerla su questo spazio… buona lettura.

Ancora cadrà la pioggia
sui tuoi dolci selciati,
una pioggia leggera
come un alito o un passo.
Ancora la brezza e l’alba
fioriranno leggere
come sotto il tuo passo,
quando tu rientrerai.
Tra fiori e davanzali
i gatti lo sapranno.

Ci saranno altri giorni,
si saranno altre voci.
Sorriderai da sola.
I gatti lo sapranno.
Udrai parole antiche, parole stanche e vane
come i costumi smessi
delle feste di ieri.

Farai gesti anche tu.
Risponderai parole
viso di primavera,
farai gesti anche tu.

I gatti lo sapranno,
viso di primavera;
e la pioggia leggera,
l’alba color giacinto,
che dilaniano il cuore
di chi più non ti spera,
sono il triste sorriso
che sorridi da sola.

Ci saranno altri giorni,
altre voci e risvegli.
Soffieremo nell’alba,
viso di primavera.

Scritto da Serena

Vivi la natura

boscoIn questi giorni ho letto sul giornale che tra le colline delle Langhe è stato approntato un itinerario ecologico in mezzo ad un bosco con una sola regola: non fare rumore.

Veramente una bella idea.

Il silenzio per ascoltare i rumori.

Non siamo più abituati ad ascoltare certi rumori, rumori piacevoli, rumori naturali, rumori armoniosi.

Ogni bosco è pieno di vita e perciò di rumori , cambiano con il cambiare delle stagioni e anche delle ore della giornata. Sono tantissimi i rumori del bosco, dai piccoli “schianti” del legno al tonfo delle pigne che cascano, al muoversi delle fronde se tira vento. Poi gli animali … stasera ho fatto una passeggiata all’imbrunire e c’era un’eccitazione diversa …tantissimi gli uccellini che cinguettavano, tutti diversi, il chiurlo in lontananza, mentre non ho sentito il cuculo come invece sento quando è pieno giorno.

Ad un certo punto ho visto un capriolo che, impaurito, è scappato poi più in alto nel bosco, ha fatto il suo verso (avete mai sentito il verso del capriolo? E’ un suono rauco, come un abbaiare di cane, ma più gutturale, graffiante) e, da lontano, più in basso, un altro capriolo ha risposto.

Ecco questo è uno dei vantaggi di vivere alla Consuma, avere a disposizione tutta questa meraviglia!

Scritto da Carla

Passeggiata domenicale

abeteDopo tanta acqua ecco un fine settimana esageratamente caldo ed adatto a riprendere contatto con la natura!

Con amici ci siamo fatti una bella passeggiata respirando a pieni polmoni profumi dei fiori di bosco, incantati dalle sfumature dei colori delle piante che, in varia maniera, esprimono il loro risveglio e con esso il rinnovarsi della vita.

Poter apprezzare piccole meraviglie non è da tutti.. e molti vivono la “scampagnata” solo come un modo diverso per riempire la pancia…, lasciando poi attaccata ad un albero la busta dei loro rifiuti come segno del loro passaggio in disprezzo di quanto non hanno visto ed apprezzato!

A ben vedere ci sono mille novità ogni anno ed una mi ha meravigliato: un melo inselvatichito appariva come morto, soverchiato da spini ed arbusti, ormai asfissiato.

Ma più in basso, un ramo scortecciato dagli animali, esplode con nuovi butti, piccole mani che si stringono l’un l’altra ad esprimere che quello che appare non sempre è realtà!

Scritto da Paolo Fatarella

I bambini imparano ciò che vivono

bambini_imparanoQuesta poesia di Doroty Law Nolte è stata a tema del nostro Concorso di poesie per bambini “Consuma e le sue stelle” edizione 2009 e mi piace pubblicarla di seguito.

I BAMBINI IMPARANO CIO’ CHE VIVONO
(Doroty Law Nolte)

Se un bambino vive con le critiche, impara a condannare.

Se un bambino vive con l’ostilita’, impara ad aggredire.

Se un bambino vive con il timore, impara ad essere apprensivo.

Se un bambino vive con la pietà, impara a commiserarsi.

Se un bambino vivo con lo scherno, impara ad essere timido.

Se un bambino vive con la gelosia, impara cos’è l’invidia.

Se un bambino vive con la vergogna, impara a sentirsi in colpa.

Se un bambino vive con l’incoraggiamento, impara ad essere sicuro di sè.

Se un bambino vive con la tolleranza, impara ad essere paziente.

Se un bambino vive con la lode, impara ad apprezzare.

Se un bambino vive con l’accettazione, impara ad amare.

Se un bambino vive con l’approvazione, impara a piacersi.

Se un bambino vive con il riconoscimento, impara che è bene avere un obbiettivo.

Se un bambino vive con la condivisione, impara la generosità.

Se un bambino vive con l’onestà e la lealtà, impara cosa sono la verità e la giustizia.

Se un bambino vive con la sicurezza, impara ad avere fiducia in se stesso e in coloro che lo circondano.

Se un bambino vive con la benevolenza, impara che il mondo è un bel posto in cui vivere.

Se vivi con serenità, il tuo bambino vivrà con la pace dello spirito.

Con che cosa sta vivendo il tuo bambino?

Trovo molto bella questa poesia: ci dovrebbe far pensare…

Carla

Riflessioni sulla Mostra “La civiltà contadina”
Rivedendo le foto dei nostri eventi, mi sono ricordato degli appunti che avevo scritto a braccio, emotivamente stimolato dalla ricostruzione di un tempo passato che la mostra rievoca.
Ho rivisto quanto scritto anche con l’intento di mandare all’autore dei modellini queste mie riflessioni come peraltro avevo promesso.

Le grida nell’aia, le corse tra i filari di viti assolati carpendo con rapido gesto gli acini dei grappoli già arrossati…, il silenzio della notte rallegrato dal continuo concerto dei grilli…,le corse dietro le piccole stelle intermittenti che illuminano il grano ormai maturo e che, una volta catturate, con un’alchimia misteriosa, lasciano sotto il bicchiere il soldino sperato…
Tutto questo, in un caotico ricordo, mi viene alla mente visitando la mostra della “civiltà contadina”.
Un particolare di questa perfetta ricostruzione della vita di un tempo non molto lontano mi attrae e subito altri ricordi si fanno sotto per essere rivissuti con nostalgia ed al tempo stesso con malinconia…
Ripenso allo schiaffo “educativo” che sonoro mi fu dato dalla nonna, quando per gioco la chiamai in un modo poco rispettoso…
Rivedo gli alberi su cui salivo, il ruscello dove andavo scalzo a prendere i granchi ed i girini…
I frutti che speravo di raggiungere salendo sul gelsomoro dell’aia.
Ricordo il puzzo della stalla e della concimaia nelle giornate caldo-umide!
Il nido che avevo visto costruire dal merlo sulla parte alta della siepe e che, curioso di vederne il contenuto, non riuscivo a raggiungere.
La visione della ricostruzione della battitura del grano mi fa ricordare di quando, in un’estate dal caldo insopportabile, i miei nonni, con i miei zii ed i contadini vicini, decisero di falciare il grano di notte illuminati dalla gioconda luna piena, accompagnati dal canto allegro delle donne…
La cucina del contadino ricostruita fedelmente mi richiama alla mente la casa padronale dei nonni, rivivo l’allegria delle tavolate, il gusto del formaggio fatto con arte e genuino, il mangiare semplice che non trovo ormai più…
Ricordo l’insalatiera dove mi sbattevano e montavano “a neve” le chiare delle uova che, zuccherate, erano quanto di più buono desiderassi per una sana merenda.
La vendemmia era una festa per noi bambini che pestavamo allegramente nel grande tino gli acini dell’uva appena raccolta, fino a cadere esausti.
Come si dormiva bene nel materasso “chiassoso” di foglie di granturco…
Mi ricordo che la scuola iniziava ai primi di ottobre e per questo restavo in campagna fino alla fine di settembre quando, dopo una pioggia prolungata, nascevano in abbondanza i funghi che, con la passione iniziale, stentavo a trovare.
Settembre è da sempre il mese dell’apertura della caccia ed in ogni casa c’era un fucile e più di un cacciatore.
Cosi era da mio nonno, con gli zii che a turno prendevano il fucile…
L’attesa dell’apertura, il vestirsi degli zii in silenzio quando ancora era buio fitto, il loro tentativo di non svegliarmi…, io che non avevo chiuso occhio per tutta la notte sperando di sentirmi dire: vestiti, andiamo…,ed invece l’uscita furtiva mi feriva più di un rimprovero non meritato!
Questo mi torna in mente vedendo il piccolo fucile appeso nella ricostruzione della cucina…
Rivedo gli strumenti usati dal contadino per le attività di tutti i giorni e ricordo mio nonno mentre seduto su un grosso sasso è intento a fare un trogolo per il mangime dei maiali: ha in mano un arnese che non avevo visto prima e che mi dice essere un’ascia.
Per farmi capire la pericolosità dell’arnese usa queste parole “l’ascia chi non la sa usare presto la lascia”…
I ricordi si susseguono limpidi e freschi e quasi stenti a contenere una lacrima che si propone quando ripensi agli affetti perduti…
Tutto questo assale la mia mente nel breve tempo della visita alla mostra che, come associazione, abbiamo curato ed ospitato con piacere.
Questa splendida opera di un appassionato e capace modellista merita a pieni voti un caloroso plauso ed un grazie di cuore per la testimonianza fedele e magica.
Un abbraccio affettuoso al maestro Tatini.

Paolo Fatarella.

Primo novembre
marroniMi alzo prima del sorgere del sole per andare a raccogliere i marroni che in montagna cadono di questi tempi.
M’ incammino quando il cielo sta illuminandosi ed affretto il passo per vedere sorgere il sole, cosa che mi ha sempre affascinato.
Strada facendo ascolto ogni rumore del bosco e quando il tordo mi zirla sulla testa è istintivo cercare di spaventarlo per fargli allungare il volo visto che sono a poca distanza da un appostamento fisso di caccia dove, suoi consimili addestrati tentano di attrarlo sul secco come facevano le sirene con Ulisse.
Giunto sul piano che esposto ad oriente mi permette di vedere l’orizzonte montano, sosto.
Il sole infiamma il contorno del monte ed una nuvola della notte cerca di opporsi al suo manifestarsi e come una tenda si tinge di vermiglio, ma l’astro, con il suo calore la strappa, ne fa tanti foulard e poi la dissolve.
Vorrei applaudire a quest’eccezionale spettacolo, ma poi in silenzio riprendo il cammino.
Giunto nella marroneta mi accoglie un tappeto di foglie color rame che con gli appuntiti ricci mi fa pensare ad un soffice materasso per fachiri…
Poso il paniere e la balla su un sasso che sembra un tavolino naturale e comincio la raccolta.
Quando si è soli ed intenti a far cose che ti piacciono, che ti fanno felice, sembra che il tempo si dilati e, che complice, scorra più lentamente…
Mi godo questa giornata splendida, quasi unica in questa data, una precoce estate di San Martino, che con un’atmosfera immobile sembra irreale.
Raccolgo il frutto degli alberi che ho curato e che abbiamo accuratamente potato dopo le ferite inferte da una tromba d’aria, e che, tornati rigogliosi, questo anno mi ripagano in abbondanza.
Sospendo per un attimo la raccolta e seduto sul morbido muschio osservo questo paradiso, certo che momenti come questi non si ripeteranno mai, campassi cento anni!..
Il sole, splendido pittore, colora le punte degli alberi e aria immobile resta con me ad osservare.
Una foglia ormai secca si stacca dal ramo alto e, con una danza scoordinata ed imprevedibile viene giù; solo allora un alito di vento sembra opporsi alla sua caduta come per prolungarle la vita ormai perduta.
Più in la il piccolo torrente chiacchierone rompe il silenzio con la sua cascatella che, infrangendosi su di un sasso sembra distribuire diamanti di vari colori.
La raccolta procede bene, la balla comincia a pesare ed allora mi decido a guardare l’orologio per pensare al ritorno.
Sono passate quattro ore e mi sono sembrate una vita intera perché, nel silenzio della raccolta, ho avuto modo di ricordare molti momenti della mia vita..
Sto legando la balla quando accade una cosa che mi ha “sconvolto” per il significato che le ho dato: a pochi passi cade l’ultimo riccio con il suo splendido contenuto e per questo mi affretto a raccoglierlo restando di stucco.
Il marrone è caldo!, di un calore vivo, come se sotto la buccia scorresse linfa di vita ancora in essere…
So che il riccio era sulla punta dell’albero e che il sole lo aveva abbondantemente riscaldato ma a me è sembrato che ancora vivo si fosse voluto staccare, anticipando la natura, per potermi dire: ci sono anch’io, prendimi e grazie per la cura del mio albero..
E’ certamente cosi: ne sono sicuro!.

Paolo Fatarella.

abeteMi conoscono per nome…e di molti di loro conosco la storia…
Qualcuno l’ho aiutato a crescere quando coperto da rami prepotenti o da rovi rischiava di soccombere.
Sono gli alberi dei boschi che frequento…che sento quasi miei…che accarezzo con affetto e che sembrano spesso ricambiare queste mie attenzioni…

Passo molto del mio tempo libero a ritemprarmi sotto le loro fronde, mi riossigeno, recupero le forze per tutta la settimana, abbandono nel bosco le tossine e lo stress della mia vita lavorativa.
Sono con loro nel momento della raccolta dei funghi in una esaltazione collettiva che ci coinvolge e che ci rende complici:quando mi chino a raccogliere lo splendido frutto del sottobosco con i loro rami mi nascondono alla vista dei curiosi, di coloro che non sanno apprezzare il momento e che mi costringono, con gesto fulmineo, a raccogliere furtivamente la preda…

Altre volte nel silenzio delle ore meno frequentate posso condividere con loro i miei pensieri ed inconsciamente avere gesti affettuosi come farebbe il buon cacciatore con il cane che ha scoperto e riportato dopo lo sparo il selvatico abbattuto.

Quando scopro una nuova fungaia e’ sempre un albero, un gruppo d’arbusti od un tronco abbattuto che me la ricorda ed allontanandomi rendo il terreno il più possibile intatto pregustando la prossima visita con la speranza che il posto non venga scoperto da altri cercatori.
porcinoIl problema della crescita dei funghi non è legato alla notevole presenza di cercatori nei periodi di nascita ma alla presenza di cercatori della “domenica”che proprio per vagare nelle varie località non si sentono di dover rispettare il luogo in cui stanno svolgendo la ricerca.

I più non sanno come nasce il fungo,quanta importanza abbia il contenitore per la raccolta che molte volte è rappresentato da una busta di plastica, non sanno cogliere questo prezioso frutto del bosco e cosi facendo distruggono le fungaie. Tante volte per motivi di lavoro, costretto alla cerca dopo altri, mi meraviglio di trovare funghi la dove l’impronta del piede ha sfiorato il porcino quasi che questo si sia spostato per non essere schiacciato e non visto mi si presenti splendido nell’aspetto e pieno di profumo che mi inebria e stimola ad andare oltre.
Uso dire che “non vado a cercar funghi ma a raccoglierli”…conscio che l’esperienza e la conoscenza dei boschi può darmi soddisfazione.

Si accennava alla caccia (altro mio “difetto”: se visto con gli occhi degli anticaccia!) ed anche questa una pratica che ha visto me e gli alberi complici in qualche caso a scapito della regina del bosco: la Beccaccia.
Mi ricordo di quel giorno di Novembre quando con Flash, il mio primo ed unico cane, giravamo alla ricerca di questa ambita preda in una cerca accanita ma leale in una abetina che ha dato a molti cacciatori tante soddisfazioni…
Il tempo è bello ma la temperatura è abbastanza rigida perciò penso che le beccacce, se entrate, trovino un po’ di tepore sotto le fronde degli abeti…Stiamo girando da tempo in un silenzio obbligato per la caccia che sto facendo ed il mio aiutante dal naso sensibile non ha avvertito alcuna emanazione e tende ad allontanarsi da me che, fermo in un piccolo spiazzo, ascolto attento.
E’ ascoltando che la percepisco complice una frasca d’abete secca pestata da questo volatile sgraziato e mitico di qualche etto di peso…Resto immobile in attesa di Flash che ad un mio accenno del capo si dirige in punta d’ “unghie” verso il posto indicato e che si blocca per un attimo quando il “fiato” lo raggiunge: il frullo fragoroso, la percezione delle piume color rame e lo sparo sotto tutt’uno.
Resto dubbioso sul risultato ma, dopo una manciata di secondi, un piccolo tonfo sordo mi svela la conclusione dell’azione. Sono rimasto un attimo interdetto se era quello il risultato che volevo ma il giovane ardore mi ha fatto gioire per la cattura ed i “bravo” rivolti al mio cane si sono sprecati.

Da diversi anni ho scoperto il piacere di attraversare boschi, alpeggi e tratturi sassosi con la mountain bike e la cosa è assolutamente avvincente.
Queste bici ti permettono, se la gamba gira bene, di superare ostacoli impensabili con una fatica relativa e quindi di spostarti nel bosco senza recar danno per viottoli appena accennati respirando per lo sforzo quintali di benessere…Ho sempre avuto la sensazione che se i cosiddetti “potenti della Terra”, sempre pronti a sganciare bombe per un pretesto di liberta’ e civilta’, percorressero questi sentieri in giornate splendide e vedessero con i miei occhi la bellezza inebriante dei luoghi rifletterebbero sulle loro azioni delittuose, sulla morte che procurano e sarebbero pervasi da sentimenti fraterni e sociali.

E’ proprio fratellanza ed aiuto quello che si vede nel bosco dove l’albero più grande e’ pronto in un intreccio di rami a sostenere nella tempesta il piu’ esile già piegato dalla neve d’inverno.
L’armonia del bosco è simile a quella di un’orchestra affiatata ordinata pronta con i suoni più accordati a farti percepire voci lontane e qui diventi Poeta evocando nella mente frasi dolci e piene di sentimento.
Questo mi succede…e nel bosco ho composto alcune poesie.

Scritto da P. Fatarella

Inverno 2004
Sono appena sceso dall’ovovia del Boè sopra Corvara in Val Badia e mi appresto ad allacciare gli scarponi, quando si avvicina mia moglie indicandomi due persone che si allontanano sci ai piedi.
L’uomo le ha chiesto se era in mia compagnia ed alla risposta affermativa le ha detto:”suo marito qualche tempo fa mi ha preso tutti i funghi di una fungaia”…

Sorrido e con un rapido sguardo, mentre iniziano la discesa, riconosco marito e moglie che “incontrai” qualche anno avanti e rifletto su quanto piccolo è il mondo…
Mi torna in mente ogni istante di quel fortunato giorno di metà ottobre…Avevo deciso di andare al “passo” sperando in qualche tordo ma non sopportando oltre un’attesa infruttuosa mi convinco che è meglio andare a cercar funghi e, pur lontano da una fungaia, mi metto di buon passo per raggiungerla.
Mentre mi avvicino silenzioso do uno sguardo ampio al territorio per vedere se c’è qualche fungo visibile e poi inizio una cerca più profonda…

Sotto un tronco d’abete scorgo uno splendido porcino e penso che potrei aver fortuna non essendo ancora sulla fungaia. Giunto, infatti, nel punto migliore inizio a trovare porcini talmente belli che sembravano finti, giovani e perfetti ognuno di qualche etto di peso…
E’ uno spettacolo, un divertimento goderseli nella ricerca, ma mi si ghiaccia il sangue quando lungo il viottolo sento un fischio allegro e passi concitati che si avvicinano.

Non è necessario nascondersi perché se vengono verso di me è segno che conoscono il posto e perciò affretto la cerca per “ripulire” quanto più possibile la fungaia.
L’uomo mi vede e, mentre mi sposto più in alto, cerca con attenzione nel punto che ho già controllato io e poco più in la, dove non avevo avuto possibilità di guardare, trova un bel porcino.
La moglie incapace nella cerca mi si avvicina e sorridendo le colgo un porcino ai piedi dicendo con tono scherzoso: “ha assistito alla mia raccolta in diretta”…
Il marito irritato le fa un fischio e con lei si allontana mentre io termino la mia ricerca con ancora ottimi risultati.

Mi riporto nel punto migliore per un ulteriore controllo convinto che dopo un po’ sarebbero tornati…e cosi è dopo circa 15’.
“Hai avuto fortuna a capitare in questo posto” mi dice. “Conosco la fungaia da molti anni e mi ha dato molte soddisfazioni”…rispondo.
Sbotta la moglie molto simpatica:” Mi avevi detto che conoscevi il posto solo te ed invece…”
Spiego perché conosco la fungaia ed anche lui mi rivela come la scoprì ed in amicizia ci allontaniamo chiacchierando in generale dei funghi di quei boschi e cosi raggiungiamo la loro auto parcheggiata in uno spiazzo.

“Vuoi un passaggio” mi chiede; “No torno a casa a piedi” gli rispondo; e lui:”Questa è l’ultima volta che trovi funghi nella fungaia perché ti prometto che sarò io primo ad arrivarci”…
Sorrido e li saluto e strada facendo rifletto sul peso dei funghi trovati e sulle sue ultime affermazioni convinto che non sarà sempre come ha promesso.
Pesavano 4,5 Kg e molte altre volte ho potuto godermi i funghi di quella fungaia anche se in verità, alcune volte convinto di una buona ricerca, sono tornato a casa con poca soddisfazione.
Mi piace pensare che prima di me l’altro possa aver trovato qualche fungo in più e ciò lo abbia fatto contento e convinto di avermi reso pan per focaccia.

Scritto da P. Fatarella